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``INDÉSIRABLES``, MESSAGGI DA INDOSSARE

“Indésirables” è un modo di essere, uno stile di pensiero, prima che un modo di vestirsi. Tramite le nostri capi portiamo in giro il diritto/dovere di pensare con la propria testa e di valutare con il proprio gusto. Perché essere e sentirsi liberi di manifestare le proprie idee non ha prezzo….
Ci ispiriamo alla rivoluzione studentesca scoppiata nel maggio del ’68 a Parigi, che amplifica e allarga i primi moti anti-Vietnam nati a Barkley in California. Rielaboriamo i manifesti ideati  dai giovani artisti dell’Atelier Populaire (Laboratorio popolare) come venne ribattezzata la scuola delle Belle Arti di Parigi durante il periodo più caldo.
Slogan e manifesti che hanno tappezzato i muri della capitale francese e che conservano ancora oggi un’attualità che non lascia indifferenti. Anche lo stile espressivo, che il trascorrere del tempo non ha scalfito ma semmai ammantato di nuove suggestioni (tanto che diversi critici d’arte hanno visto un’anticipazione della street art che avrà in Bansky il principale interprete),  suscita ancora, e (forse) proprio oggi, profonde riflessioni.-

“Indésirables” vuole essere un marchio distintivo dedicato a coloro che non temono di porsi in difesa dell’individualità e della libertà di ogni persona. Fuor da ogni riflusso nostalgico e politico, riteniamo il ’68 ha avviato su temi attualissimi ancora oggi, quali il consumismo, la partecipazione, la giustizia sociale, la libertà, l’integrazione, la salvaguardia ambientale.

Un messaggio univoco contro la tendenza (già stigmatizzata dal filosofo Nerbert Marcuse) a imporre un “uomo a una dimensione” che appiattisce appunto l’essere umano alla dimensione di mero consumatore, libero solo nella possibilità di scegliere tra “prodotti” diversi.

Da subito ci ha conquistato il nome indésirables. Contrariamente a quanto definito dal dizionario, per noi gli “indesiderabili” (non a caso fra virgolette) sono le persone comuni che con coraggio e convinzione portano avanti le loro idee e i loro valori a dispetto delle convenienze del momento, del “sentire comune”, della demagogia acchiappa consensi. Persone che fanno dell’ironia, della provocazione e dell’impegno uno stile di vita.

Atelier Populaire: ironia e provocazione anticipando la street art

Circa duecento studenti dell’école des beaux-arts, in rue Bonaparte, a Parigi, nell’aprile del 1968 occuparono per oltre quaranta giorni (e quaranta notti) i laboratori della scuola, creando più di 350 disegni diversi e quasi centoventimila manifesti stampati in serigrafia tutti rigorosamente anonimi.

I manifesti dell’Atelier Populaire sono caratterizzati dall’uso del monocromo nero o rosso e da una cifra stilistica apparentemente povera e diretta, capace di tradurre in azioni le posizioni ideologiche degli studenti. Pochi caratteri tipografici si uniscono a sofisticati disegni e scritte a mano. Rappresentavano un’assoluta novità per l’epoca anche per l’assenza di progettazione accademica. I messaggi – diretti, ironici, provocatori – esprimevano il bisogno e l’urgenza di una società migliore, libera e democratica.

Così come i manifesti, anche gli slogan scritti sui muri parigini nel maggio del ’68 seppero esprimere problemi, istanze e bisogni molti dei quali, ancora oggi, dopo cinquant’anni, sono presenti nella società contemporanea. Purtroppo molte delle angosce denunciate nelle opere degli studenti parigini sono diventati nei decenni successivi una realtà ancora più pervicace di quanto potesse immaginare nel maggio francese.

Osserva efficacemente Bruno Stucchi nell’introduzione del suo libro I manifesti del maggio francese: “Ben più di semplici poster quindi, ma piuttosto veri e propri post o tweet, si direbbe con termini da millennials”, andrebbero visti soprattutto da loro: “sia da quelli che sono in grado di sollevare la testa che bruca sullo schermo del loro device per avere idee sublimi per rendere un mondo migliore – che si riconosceranno – ma soprattutto da quelli che non la sollevano mai, e la cui immaginazione è più spesso in potere di altri”.

Il legame con l’attualità è proprio questo, il modo di concepire una società migliore, di intendere il potere, la scuola, gli esclusi (immigrati inclusi), la vita.